Lo stato di salute delle barriere coralline
Il devastante tsunami del 2004 ha spazzato via intere barriere, accelerando il già precario stato di salute dei coralli.
Se la buona notizia viene dal fatto che negli ultimi anni si è assistito ad una ricrescita, ad esempio in alcune isole delle Seychelles, la cattiva è che lo stesso nasce già sbiancato, sostanzialmente morto in partenza.
La causa principale è da attribuire all’innalzamento delle temperature marine.
La maggior parte dei Coralli delle Seychelles, si parla di un 90% rispetto a cinquant’anni fa, è ormai definitivamente morta.
Il Niño prima (1998) e lo tsunami poi (2004) hanno concorso a questa mattanza, una mattanza che avevamo già avviato da tempo.
I motivi della sparizione dei coralli
I coralli sono tra gli organismi più sensibili del pianeta Terra.
Molti sono i motivi legati alla loro sparizione.
Non ultimo il riscaldamento delle acque oceaniche che uccide le alghe che hanno un rapporto simbiotico con i coralli stessi.
Poi la pesca a strascico, l’inquinamento e l’impatto delle ancore marine sono altri motivi, non meno importanti.
Studi sullo stato di salute dei coralli
Arnold Dekker della Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) è giunto ad una drammatica conclusione: siamo prossimi al famoso punto di non ritorno, oltre il quale lo sbiancamento del corallo sarà irreversibile.
Se andiamo avanti così a breve i coralli non esisteranno più.
Jennie Mallela, che ha studiato la drastica involuzione della barriera corallina a Tobago, ci fa sapere che sono soprattutto gli uragani, la cui frequenza ha subito un’accelerazione impressionante negli ultimi anni, a devastare il delicato ecosistema marino.
Dall’altra parte del mondo, Ku’ulei Rodgers, Assistente Ricercatore presso l’istituto di Biologia Marina di Honolulu –Hawaii- dice che se i cambiamenti climatici proseguiranno in questa direzione non ci sarà più un solo corallo vivo entro la fine del secolo.
Barriera corallina del Mar Rosso e del Queensland
Le uniche due barriere coralline che sono rimaste per la maggior parte intatte si trovano nel Mar Rosso e lungo la costa orientale australiana.
Ma pure la Great Barrier Reef non se la passa bene: alcuni scienziati dell’Università del Queensland prevedono la sua morte entro 50 anni: anche qui la causa sarà soprattutto l’innalzamento delle temperature oceaniche.
Gli aumenti previsti sono, al limite, di ben 6 gradi centigradi. Un dato che, se davvero fosse confermato, porterebbe con sé cataclismi devastanti.
La Grande Barriera Corallina Australiana è Patrimonio Mondiale dell’Umanità dal 1981: una scelta che al momento è pura forma visto che il suo degrado, benché più lento che in altre zone del pianeta, pare inarrestabile.
Guardando la realtà in faccia le speranze all’orizzonte sono veramente poche, aggrappate a possibili scelte di politica globale che invertano la tendenza.
Cosa vogliamo fare?