Viaggiare da soli per essere felici
Perché viaggiare da soli?
Ormai da molto tempo viaggio in solitaria.
Ancora oggi, la sera prima della partenza mi coglie quella malinconia che penso sia la compagna ineludibile e definitiva alla mia esistenza. Una compagna la cui presenza quasi mi gratifica, come se in un certo qual modo amplificasse le mie sensazioni.
E la malinconia, strada facendo e man mano che il viaggio prosegue, a volte si tramuta in quel velo di tristezza che ti fa presumere di aver fatto una grande cazzata.
Cosa ci faccio qui, da solo, su un treno di seconda classe indiano, con gente che non è la mia gente, tra abitudini che non ho mai avuto, così lontano dalle mie realtà da farmi sentire un po’ perso e un po’ in cerca di qualcosa di innarivabile?
Cosa ci faccio qui, da solo, in questo bellissimo bar su una spiaggia tropicale da sogno, quando tutti vengono qui per godere del tramonto più bello con la propria dolce metà?
Ha senso la solitudine?
No, la solitudine non ha senso, e te lo dice uno che da solo ci sa stare e ci sta pure bene. Te lo dice uno che cerca la solitudine in modo quasi ossessivo, quasi maniacale.
Siamo animali sociali e non saremmo ciò che siamo, non faremmo ciò che facciamo e nemmeno penseremmo ciò che pensiamo se non ci fossero altri animali uguali a noi a sollecitarci, a renderci grazie, persino a giudicarci negativamente.
Una vita da soli non ha senso.
E allora perchè viaggiare da soli?
Perché viaggiare da soli?
Non è facile trovarsi dall’altra parte del mondo senza affetti e senza nessuno che parli la tua lingua.
Ma il fatto è che lo trovo terribilmente necessario; e non per “trovare me stesso”, come se il me stesso si fosse perso in un ashram indiano o in un chiringuito andaluso.
Quello che faccio io lo assimilo piuttosto alla creazione.
Viaggiando, e facendolo da solo, io creo me stesso dal nulla, come se la giungla di televisioni urlatrici e di pensieri automatizzati non mi consentissero di togliere tutto l’inutile che copre la mia anima.
Michelangelo e la creazione artistica.
Michelangelo Buonarroti diceva che lui, con la sua arte scultorea, non faceva altro che eliminare dal marmo l’eccesso che copriva la statua.
La statua era lì sotto, da sempre, e non aspettava altro che qualcuno si facesse carico di togliere tutto l’ “inutile” che la copriva.
E così quando viaggio da solo anch’io sento di iniziare un processo creativo, sento che mi sto liberando di tutte le energie negative che giocoforza una vita ripetuta di svegli, cartellini e soldi e potere porta con sè.
Quando sono da solo nell’ostello un po’ sporco della cittadina sperduta lungo la rotta transiberiana invernale e il sonno proprio non mi vuole, penso alla mia vita e lo faccio in totale libertà, come se la compagnia degli amici di sempre rischiasse di ammantare la mia anima di una certezza che è il contrario della scoperta.
Viaggiando da solo mi costruisco, pezzo per pezzo, e ogni giorno che passa mi sento sempre più forte, sempre più vicino alla mia splendida creazione personale, una creazione unica e inimitabile.
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