La libertà di essere felici attraverso la conoscenza
La libertà della conoscenza
Socrate sosteneva che la conoscenza è dentro di noi.
In quest’ottica il ruolo dei maestri dovrebbe limitarsi al processo di estrapolazione di concetti che sono già nella nostra mente, ma nessuno potrà introdurne di nuovi attraverso la retorica o l’insegnamento.
Il secondo, famosissimo, pilastro della filosofia socratica è che è impossibile sapere tutto.
“So di non sapere” è una delle locuzioni più ripetute degli ultimi tempi e la sua fondatezza è ormai riconosciuta a livello universale.
Dunque, secondo Socrate, esiste una conoscenza limitata che circola tra gli uomini senza soluzione di continuità, una conoscenza che non può essere ampliata in nessun modo.
Proprio come la materia, la conoscenza non può essere né creata né distrutta, ma solo esaltata o viceversa nascosta.
Sempre secondo il filosofo dell’Antica Grecia è dall’ignoranza che nasce il male. Il male non è mai una scelta, ma una diretta conseguenza di un dialogo interiore errato o fuorviante.
Socrate su Facebook. La libertà della conoscenza
Chissà cosa penserebbe Socrate dei Social e di Internet in generale: un mondo nel quale circolano una quantità infinita di informazioni infondate o imprecise che si è venuto a sommare a quello esterno, a quello analogico fatto di soloni e di istituzioni che avevano già una serie di risposte preconfezionate buone per tutte le occasioni.
Credo che gli esseri umani abbiano esigenze, spirituali e materiali, profondamente diverse gli uni dagli altri e il caos informativo e normativo al quale siamo bombardati è profondamente destabilizzante per l’anima individuale.
Riconoscere la propria Strada
Quando sei piccolo nessuno ti insegna, socraticamente, a riconoscere la tua strada, non esiste minimamente il concetto di libertà di conoscenza.
A livello esperienziale non dovrebbe esistere nulla di “sacro”; nel campo della conoscenza non possono esserci dogmi: la famiglia non è il rifugio apriori, così come l’Università non è il luogo della cultura universale e le dottrine politiche o religiose non hanno quasi mai le risposte giuste.
Ci sono genitori che cercano di inculcare antichi precetti ai figli con la violenza della ripetizione.
Mai come in queste ultime decadi il mondo e la società hanno subito una vertiginosa accelerazione e pensare che ciò che andava bene ieri sia valido anche oggi è quantomeno presuntuoso.
Le Università a volte sono troppo tradizionaliste, legate a forme desuete, fuori luogo e fuori tempo.
Non avendo Cattedre, a 45 anni sono vecchio per sapere cosa e come si insegni nelle Università italiane, so solo che alcuni giovani lamentano metodologie superate.
Non esiste l’assoluto.
Un recente insegnamento di Einstein che, traslato dal mondo della Fisica si immerge direttamente nel vasto mondo della filosofia e se guardato in controluce rispetto ai precetti socratici può dare spunti di conversazione infiniti.
Storia della scuola moderna, democrazia e statalismo
In Europa il moderno sistema scolastico nasce agli inizi del XIX secolo e, fin da subito, dimostra di non avere nessun interesse a sviluppare le doti dell’individuo, quanto piuttosto quello di riconoscerle e canalizzarle in un contesto fortemente collettivistico.
Bisogna studiare per fare determinati lavori, non per comprendere noi stessi. La libertà della conoscenza non è la prerogativa della scuola moderna.
Povero Socrate!
I prodromi della scolastica moderna europea si hanno attorno alla metà del XVII secolo, quando John Locke e Thomas Hobbes tengono banco con le loro dissertazioni su Stato e libertà individuale.
Senza andare troppo nello specifico, Locke sosteneva che l’uomo dovesse essere libero in modo naturale, viscerale e primitivo, arrestando il proprio istinto e placando la propria sete di infinito solo di fronte al limite delle libertà altrui.
Per Locke, nessuna istituzione terza doveva frapporsi tra l’individuo e la sua libertà (felicità?).
Secondo Hobbes, invece, tendere a modalità di questo tipo avrebbe cozzato con la collettività e le guerre sarebbero state di conseguenza inevitabili. Lo Stato, ente al quale il singolo avrebbe dovuto demandare la propria individualità, avrebbe garantito il mantenimento della pace restituendo solo “la giusta dose” di libertà ai singoli cittadini.
Personalmente ho una visione più alla Hobbes, ma rimane il fatto che i suoi concetti sono stati estremizzati riducendo il sistema scolastico americano alla formazione di individui subordinati allo Stato.
E bisogna anche ammettere che la filosofia hobbesiana di demandare allo Stato le nostre scelte, non ha garantito la pace universale auspicata.
La tanto decantata Democrazia, frutto dello “statalismo all’americana”, non ha di certo restituito i frutti di pace e armonia sperati, visto che nel ‘900 sono state proprio le Democrazie occidentali a inventare forme di neo schiavismo e a introdurre i campi di concentramento.
Le dittature staliniste, fasciste e naziste, hanno preso a modello i razzismi delle democrazie, che già da tempo andavano in Africa a uccidere secondo i principi di superiorità della razza bianca.
Allo Stato tutto era demandato, persino la comprensione delle più intime attività umane: gli “inferiori” dovevano lavorare, i “superiori” comandare.
Sarebbe interessante sapere se hanno fatto più morti le dittature, nel loro complesso, oppure le democrazie, arrivate all’esasperato, folle concetto di esportare la libertà attraverso l’uso sistematico della guerra.
In tale contesto la scuola deve perseguire finalità politiche, al limite religiose, ma mai quelle del singolo individuo.
La scuola se ne frega bellamente se il bambino diventerà depresso perché nessuno gli avrà mostrato la propria peculiare strada, la scuola ha come obiettivo finale che lo studente diventi il lavoratore ideale che farà la propria parte, in termini economici, all’interno della collettività.
Non sono anarchico e non sono a favore dell’auto apprendimento; anche il concetto della scuola credo vada relativizzato e penso che ci siano molte cose da salvare, soprattutto nel sistema scolastico italiano.
Se è vero che il macro obiettivo delle scuole moderne sono distanti anni luce dalla prospettiva socratica, ciò non significa che durante il percorso formativo non si possano incontrare professori, o modelli alternativi, capaci di estrapolare dall’anima una parcella di individualità che, curata come una piantina in un orto botanico, può far germogliare il seme della…felicità.
Perché, troppo spesso lo dimentichiamo, il fine della nostra vita deve essere la felicità.
Altrimenti per cosa viviamo? Davvero pensiamo che il nostro obiettivo debba essere l’accumulo di ricchezze, la carriera o una posizione sociale, il tutto a prescindere dalla nostra felicità? Che senso avrebbe vivere in questo modo?
Non ho la presunzione di sapere quale sia la strada per la felicità universale, non posso sapere quali siano i passi da compiere per raggiungere la pace dei sensi o il sorriso “universale”.
Ti dirò di più; sono fermamente convinto che la felicità individuale possa passare anche attraverso l’accumulo di denaro o il raggiungimento di una determinata posizione all’interno della società, la cosiddetta “carriera”.
Di certo sono anche altrettanto convinto che non sia questo il mio percorso, ma se un uomo e una donna sono contenti di vedere crescere i propri zeri in banca, la loro felicità vale tanto quanto la mia i cui termini, per altro, ancora devo individuare.
L’importante è la consapevolezza, il sapere con precisione a quale dio stiamo sacrificando la nostra vita, il non demandare ad altri il nostro percorso verso la felicità.
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