Les Useres Valencia
La mia casa a Les Useres, Valencia.
Passo il confine tra Francia e Spagna che sono le 14 di un giorno bollente, severo.
L’estate è alle porte, ma già alita la sua potenza di fuoco bruciando tutto, bruciando anime e sassi, pelle e pensieri.
Vedo un incendio stendersi fino ai margini dell’autostrada e bomberos indaffarati, sudati, appiccicosi nelle loro tute spaziali.
La mia Panda ha le gomme lisce e non ho la ruota di scorta, ma questo non lo diciamo a nessuno.
So bene che la mia mancanza di precauzioni, un giorno mi punirà, ma so altrettanto bene che tutti verremo puniti per qualcosa di fatto, di non fatto, di troppo fatto, di fatto male.
E allora vivi, vivi come vuoi, anche senza occhiali se ci vedi male, anche senza una gamba o senza pezzi di pelle. Senza ruota di scorta o con sei dita per mano. Non sei mai diverso, perché a tutti manca qualcosa, nessuno escluso.

La mia casa a Les Useres, Valencia – Zingaro di Macondo –
Penso che bucherò in questa porta del deserto e non saprò come andare avanti, non potrò bere, penso robe del genere e anche peggio.
Panorami e pensieri. La mia casa a Les Useres, Valencia.
La strada che si dipana tra il confine con la Francia e la provincia di Valencia è una cosa da film assurdi, film che parlano di marziani o di gente solitaria che vaga in boschi spelacchiati.
A est c’è il mare, ma non si vede, mentre a ovest scorgo timide montagne che affievoliscono lo sguardo che diversamente non vedrebbe che pianori e pianure e piane. Ma non devi pensare alla sabbia deserto, alle dune, al vuoto fino all’orizzonte, perché di verde ce n’è ovunque e pure in abbondanza.
Ma da tutto quanto, dall’aria umida, caliente, fumosa, appetitosa come un arrosto pieno di salse e sudore e cottura di brace bollente, si presume l’intensità del deserto “non deserto” che si stende più a ovest, laddove il mare smette la propria influenza.
Che poi un deserto vero in Spagna c’è per davvero; è l’unico in Europa e si trova 400 km più a sud di qui: il Tabernas.
Guidando lungo la Costa Brava. E oltre.
Insomma; guidando lungo la costa mediterranea della Spagna si sente il paesaggio cambiare, si sente che il mondo, l’ambiente, la natura, vogliono farsi diversi, vedo anche una palla di cotone o qualcosa del genere rotolare lungo un pianoro giallo e bianco e colore della sabbia del Marocco.
La mia destinazione finale è Les Useres, una piccola comunità della provincia di Valencia.
Appena esco dall’autostrada prendo a salire timidi tornanti.

La mia casa a Les Useres – Zingaro di Macondo –
Per un attimo mi viene in mente un accostamento improponibile: la Pianura Padana.
La Pianura Padana col suo caldo umido da foresta amazzonica, la sua bellezza selvaggia e aspra e la sua inospitale nebbia da fine del mondo.
Ma qui non siamo in Pianura Padana, anche perché sto salendo.
Devo arrivare a 400 metri e, a questa latitudine, 400 metri sono per il mio carattere montanaro e per le mie voglie di freddo invernale, davvero pochi.
Ma salgo, perché nonostante tutto bisogna sempre salire, bisogna sempre andare.
Il Pandino (che di nome fa Dark Side) è forte come un giaguaro, non arranca per niente, sembra un’auto da mezze riprese, ha grinta da vendere, il caldo è opprimente e l’aria danza davanti a noi come un sogno d’estate di quelli belli pieni, di quelli da passare su una sedia a dondolo con birre fresche.

La mia casa a Les Useres, Valencia – Zingaro di Macondo –
La passione è tutto.
Questo mi dice la mia auto: una Fiat Panda, 900 di cilindrata, bicilindrica, cambio manuale, nessun comfort, nemmeno comandi al volante, nemmeno il vivavoce, tanto che ho dovuto aggiungere un aggeggio esterno per poter telefonare senza fermarmi ogni volta.
Anch’io sono piccolo e tenace. Sono come la mia Panda dalle gomme lisce, burrascosa e tutta istinti.
Si dice spesso che siamo piccoli, insignificanti punti persi nell’universo. E quanto è vera questa cosa.
Ma a me non crea nessun disturbo essere meno del nulla, perché non hai molte responsabilità, non puoi fare errori gravi quando vali meno dello zero. E questo è una gioia profonda dalla quale cominciare a vivere come grandi eroi delle profondità più estreme dell’anima.
Siamo piccoli io e la mia Panda, ma arriviamo, lentamente, passo dopo passo, curva dopo curva, e siamo qui, insieme, come eravamo insieme a Copenaghen, in Svezia, in Norvegia, alle Lofoten, a Capo Nord, in Finlandia, come eravamo insieme al confine russo senza poter passare per quisquiglie doganali mai comprese.
E arriviamo. Ancora una volta.

La mia casa a Les Useres, Valencia – Zingaro di Macondo –
Una strada sterrata di polvere rossa con un serpente schiacciato in mezzo mi conduce a un grosso cancello che non può essere altro che il mio cancello.
Non ci sono altre case nei paraggi, in questo quasi deserto che mi fa sentire quasi felice, quasi a casa, quasi molto solo e quasi in sintonia con quel tutto che ancora fatico a comprendere.
Appare Pierre, un uomo che imparerò ad amare, un uomo buono, gentile, premuroso, un uomo di 78 anni, francese, ma di spirito poco francese, spagnolo, ma che parla male lo spagnolo, con un codino di capelli bianchi da ribelle del mondo, da persona saggia che deve fare le cose fuori posto affinché tutto, alla fine, torni al proprio posto.
Mi abbraccia come se fossimo amici da sempre e mi dà grandi pacche sulle spalle e un sorriso gigante da occultare ogni mio male interiore (perché qualche male, come sempre, me lo sono portato dietro) che mi fa pensare di essere ancora una volta arrivato a casa.
C’è persino un cane, Pico, che mi amerà fin dal primo istante sentendo forse la mia disperazione, il mio spirito animalesco, selvaggio, pronto a scavare buche con la grinta e con il corpo tutto.
Sono arrivato a casa. Finalmente una minestra da posto antico e chiacchiere di amici nuovi; la dolce Joaquina, che beve vino tinto, e Pierre, anarchico e geniale, e il cane Pico, con un muso piatto da morir dal ridere e un gatto senza nome, così bello che lo meriterebbe proprio, un nome.
Sono arrivato finalmente a casa.
CONTINUA CON…