Cosa vedere a Opuwo

Himba: pastori nomadi della Namibia

zingaro di macondo

 

 

Nei pressi di Opuwo, nell’estremo nord della Namibia, vivono decine di tribù Himba, tanto che alcuni dei loro villaggi sono ormai a ridosso della città stessa.

In lingua Herero Opuwo significa “fine”.

In effetti qui siamo alla fine della regione Kunene, per lo meno di quella “civilizzata”, e all’inizio di quella tribale, una terra chiamata comunemente Kaokoland.


Prima di proseguire vuoi sapere chi sono gli Himba?


E adesso che sono qui mi sento davvero come fossi alla fine del mondo, come se questa Opuwo fosse una sorta di avamposto per il nulla, con il suo brutto distributore di benzina, la sua strada sterrata e un centro commerciale palesemente fuori luogo.

Le donne Himba, quasi nude, coperte di ocra, con i capelli ingrassati, i seni perfettamente tondi e lo sguardo austero, che escono dalle porte automatiche spingendo il carrello della spesa, sono quanto di più assurdo potessi immaginare di vedere.

Davvero la cosiddetta “modernità” non vuole risparmiare nulla, nemmeno gli avamposti alla fine del mondo?

Che ne sarà di questa etnia che fino a pochi anni fa avrei potuto vedere solo in televisione e che oggi siamo, io compreso, responsabili di inquinare con le nostre ridondanti presenze?

zingaro di macondo

 

Improvvisamente mi sento più fuori luogo della donna col carrello e vorrei essere nel mio bar di paese, a casa, o in qualche altro rifugio.

Ma sono qui e vado avanti.

Il Kaokoland è interamente desertico, rosso di ocra quasi a forare le pupille, e conta 15.000 abitanti in tutto, di cui il 50% sono di etnia Himba.

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Cosa vedere a Opuwo – Zingaro di Macondo –

Nemmeno le giraffe si sono mai spinte fin qui, mentre le zebre e gli elefanti si sono dovuti adattare assumendo caratteristiche fisiche e biologiche quasi uniche al mondo.

Il mio contatto a Opuwo è una bellissima ragazza himba che, senza rinnegare le proprie tradizioni, ha studiato prima a Windohek, poi a Londra. Si chiama Adeneke.

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Cosa vedere a Opuwo – Zingaro di Macondo –

Di tanto in tanto torna a trovare la sua famiglia allargata, talmente allargata che, mi dice con un sorriso, non ha mai saputo chi fossero i suoi genitori biologici.

É di una bellezza che non sono abituato a considerare, con uno sguardo pulito,così sincero che a guardarla ti viene da perdonare tutte le ipocrisie del mondo.

Himba: pastori nomadi della Namibia Zingaro di Macondo

Cosa vedere a Opuwo – Zingaro di Macondo –

Il suo villaggio si trova fuori Opuwo, ad una trentina di chilometri in su, verso quell’estremo nord assurdo, rosso e nero, vuoto e così immenso da farmi sentire una cosa quasi fastidiosa in un disegno gigantesco fatto di arida e bellissima terra rossa.

Mentre ci dirigiamo verso il villaggio mi sembra di guidare sul pianeta Marte.

Mi sento così lontano da tutto…da tutti i sensi di colpa, da tutte le malinconie, così lontano persino dalla mia mente, che mi sembra di percepire la mia scarsa autostima scendere dall’auto ed esplodere per mancanza di ossigeno, proprio come farebbe un essere umano su Marte.

Se avessi dei debiti, i miei creditori non potrebbero mai raggiungermi qui, ma i debiti con il pensiero si pagano ovunque.

Questa terra aspra, eremitica, mi fa sentire in un non luogo mistico ed austero. Un luogo dove persino i pensieri cambiano.

Ne sono attratto, ma al tempo stesso sento un piccolo dolore proprio al centro del petto.

Mi sento meravigliosamente solo.

Ho una tenda nel bagagliaio, qualche vestito, cinquanta chilogrammi di farina e una bellissima ragazza siede al mio fianco, nera come immagino possa essere nera la notte dell’inferno.

I cinquanta chili di farina sono il mio dono per il villaggio, perché anche se il capo mi accetterà grazie alle buone parole della mia guida, è sempre bene portare qualcosa. Zucchero e farina sono i doni solitamente più apprezzati dagli Himba.

Il villaggio si apre davanti a noi al termine di un boschetto, un insieme di pochi alberi rigogliosi cresciuti chissà come. Immagino una falda acquifera dalle origini misteriose nutrire le stoiche radici di queste piantine cresciute a stento.

Villaggio Himba; pastori nomadi della Namibia

Il villaggio è circondato da spesse corde ordite alla bel e meglio attorno a steccati di legno; il tutto mi fa pensare ad un campo di concentramento costruito male.

Escono frotte di bambini cicciotti, la maggior parte con i capelli intrecciati: chi li ha lunghi li lascia scodinzolare sulla faccia come libere espressioni di gioia, chi li ha corti li tiene appiccicati sulla testa da un impasto di polvere e ocra, immagino depositato dal tempo e da mani esperte.

Mi prendono per mano e ridono tutti come matti. Hanno denti bianchissimi che riluccicano per il sole e per il colore della loro pelle.

Cosa vedere a Opuwo – Zingaro di Macondo –

Mi sento meno solo, meno inutile, adesso è come se fossi parte di qualcosa di grande, di meraviglioso. Quelle piccole strette mi fanno percepire quel calore umano di cui tutti abbiamo bisogno; la paura di pensare si affievolisce svanendo nel sole e nella terra quasi bruciata.

Appena arriviamo all’ingresso del villaggio Adeneke urla qualcosa ai bambini. Immediatamente si fermano senza più ridere.

Esce il capo villaggio, che di nome fa qualcosa di davvero impronunciabile.

Etnia Himba pastori semi nomadi della Namibia Zingaro di Macondo

Himba; pastori nomadi della Namibia – Zingaro di Macondo –

Ha una faccia interessante con uno sguardo vagamente triste.

Mi tende la mano destra col palmo all’ingiù e io gliela stringo delicatamente proprio come mi ha ordinato Adeneke. Ora siamo incastrati in una stretta ruotata di novanta gradi rispetto alle abitudini occidentali.

Facciamo girare, lentamente, i nostri polsi per una ventina di volte, rispondendo alla tradizionale usanza himba di salutare lo straniero. Poi fa un mugugno e torna dentro senza mostrare la minima espressione facciale.

Esce con una specie di lunga pipa in bocca e dice alla ragazza che sono il benvenuto. Posso portare il dono all’interno del villaggio.

Non ho idea di quanti anni possa avere il capo, potrebbero essere novanta come quaranta.

É come se questo sole a cui non sono abituato, un sole bianco, mi facesse percepire la realtà come qualcosa di indefinito.

Il villaggio è una scena di mille anni fa.

bambino africano zingaro di macondo

All’interno la terra ha abbandonato il rosso in favore di un bianco polveroso.

Gli animali, capre e pecore, vagano mescolati agli umani come in una scena adamitica prima del tempo.

I bambini corrono spinti da una necessità vitale che li fa danzare nella polvere.

Entro in una capanna che mi ricorda vagamente le tende indiane più moderne, quelle con i pilastri in legno intrecciati fino a formare un cono. Il tetto non esiste.

La tenda termina con un grosso buco circolare per fare uscire il fumo del fuoco, un fuoco che serve sia per scaldarsi, sia per cucinare. Le donne attorno al focolare sono sedute appoggiate sui talloni, mi sorridono senza mostrare altre intenzioni se non quella di farmi sentire a mio agio.

All’interno non c’è niente: non un vestito, non una sedia, non un pensile. Solo il fuoco e le persone.

Una ragazza è in piedi, ha seni nudi perfettamente modellati dalla giovinezza e dalla natura: è alta forse un metro e ottanta. Ha un fisico statuario, con una larghezza di spalle maschile.

Tutte le donne qui sono molto alte e con un corpo che sembra modellato da un’artista amante del corpo femminile.

Hanno il corpo, il viso e i capelli ricoperti di ocra e sono totalmente nude, fatta eccezione per una specie di turbante a copertura delle intimità.

cosa vedere a Opuwo Zingaro di Macondo

Sembrano donne uscite dalle pagine di una Bibbia mai scritta, tutta la realtà che mi sta attorno odora di primigenia umanità.

Non so cosa dire e sorrido, sorrido e basta a quell’incredibile fetta di umanità.

Le donne attorno al fuoco stanno parlando tra loro con una pacatezza gentile e mi viene istintivo chiedermi se siano felici.

Chissà se sanno cos’è la felicità? La felicità è una condizione che sai di avere o di non avere solo se ci pensi, solo se qualcuno ti ha instillato i suoi principi.

Gli uomini primitivi mica ci pensavano alla felicità.

Adenike mi riporta all’esterno e mi mostra uno steccato all’interno del quale un piccolo fuoco viene sorvegliato da un paio di giovani anch’essi accucciati al modo delle donne all’interno della capanna.

Il fuoco del villaggio non deve mai spegnersi, perché secondo gli Himba: i pastori nomadi della Namibia, dal fuoco, dal calore, dalla luce, deriva la vita.

Sono convinti che il fuoco sia una sorta di dio dal quale tutto ha preso origine e il loro modo di ringraziarlo, di riverirlo, è quello di non farlo mai spegnere.

Il capo villaggio mi porge un bicchiere di plastica con dentro del the e Adenike mi dice che vuole che mi sieda accanto a lui, per terra, su questa polvere che sarò io, che saremo tutti, che odora di vita e di pensieri.

I bambini mi ronzano attorno incuriositi e ridenti, ma al minimo gesto del capo, che sembra in continuo procinto di scacciare fastidiose mosche, si allontanano senza fiatare.

Non mi dice assolutamente niente e io non mi sento in dovere di aprire bocca. Qui è tutto diverso e io mi sento libero.

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