Aleksander Doba
Aleksander Doba, la faccia da matto qui sotto, si è spento lo scorso 22 febbraio all’età di 74 anni.

Aleksander Doba – Zingaro di Macondo –
Aleksander Doba era un uomo straordinario, nel senso che ha fatto cose letteralmente fuori dalla norma: all’età di 70 anni, ad esempio, ha attraversato l’Atlantico in kayak per la terza volta in vita sua.
Le imprese di Aleksander Doba
La prima volta, nel 2010, era partito dalle coste del Senegal per arrivare, 100 giorni e 99 notti dopo, su quelle del Brasile.
Durante la traversata aveva sofferto, come vedremo, le pene dell’inferno.
Credo che in pochi avrebbero ritentato un’impresa del genere, ma non lui, non Aleksander Doba, che tre anni dopo ricomincerà da capo: partito da Lisbona, compirà un itinerario lungo più del doppio rispetto al precedente e dopo oltre 12.000 km arriverà sulle coste della Florida.
E poi la sua terza e ultima traversata, questa volta compiuta in senso opposto, dall’America alla Francia.
Prima di queste esperienze aveva circumnavigato il Baykal e il Baltico e persino pagaiato per oltre 5.000 km dalla sua Polonia fino al cuore della Norvegia.
Solitamente, quando si parla delle gesta di uomini così particolari si arriva ad un bivio che non dà alternative: da una parte c’è chi trasforma la persona in un feticcio da adorare, in un vero e proprio eroe capace di cose negate agli uomini normali, dall’altra c’è chi tronca il giudizio in modo netto: era un pazzo egocentrico.
Aleksander Doba – Zingaro di Macondo –
Aleksander Doba; un uomo come tutti
In fondo non c’è nulla di sbagliato: se uno fa cose estreme, come attraversare un oceano a colpi di remo, deve attendersi reazioni altrettanto estreme. In un certo senso rientra nella logica “sociale”.
Quello che ti chiedo è di immaginare, almeno per un istante, Aleksander Doba come un uomo del tutto normale, di smitizzare il “mito”, positivo o negativo che fosse per te.
Era un uomo sposato, con la testa piena di paure, sogni, progetti, aveva dei difetti e dei pregi come tutti, e una lunga barba da Babbo Natale.
Aleksander Doba non voleva apparire come un uomo straordinario, anzi, non voleva apparire e basta.
Nell’epoca dei social, in cui una fotografia presume di raccontare infiniti mondi, in cui una persona che mangia un piatto di riso lo condivide come fosse un atto di genialità, se Doba ha compiuto gesti così estremi nel quasi totale anonimato, significa che lo faceva davvero solo per se stesso.
Di questo dobbiamo dargli atto.
Quando Aleksander Doba ha poggiato il suo kayak sulle acque africane con la ferma intenzione di toccare terra solo dall’altra parte del mondo, l’ha fatto perché spinto da un’enorme passione.
Un modello di abnegazione
Proviamo a prendere Aleksander Doba solo a modello di abnegazione, tralasciando quello che ha fatto e focalizzandoci sul come ha raggiunto i suoi obiettivi.
Per 99 giorni ha pagaiato in condizioni inimmaginabili, rischiando di morire ad ogni istante per i più disparati motivi.
Ad un certo punto non aveva più i vestiti, resi inservibili dalle intemperie, ma ha continuato a pagaiare come mamma l’ha fatto.
Ho provato più volte a figurarmi quest’uomo, nudo come un verme, che rema nel mezzo dell’oceano, sfinito, quasi morto, immerso nel buio di spaventosi boati e in condizioni drammatiche.
Ha perso tutte le unghie, dei piedi e delle mani, e un’infezione agli occhi lo ha quasi accecato, il suo corpo si è riempito di orribili bolle e di eruzioni cutanee.
Aleksander Doba – Zingaro di Macondo –
Quando è arrivato in Brasile ad attenderlo c’era solo un giornalista.
Immaginati questo barbone, completamente nudo, più morto che vivo, con il corpo pieno di bolle, magro come un cane randagio, sbarcare così, sulle sponde americane.
Chissà cos’avranno pensato i bagnanti.
Era lo stesso Aleksander Doba a non dare risalto mediatico alle sue imprese.
Forse perché troppo personali, troppo intime, forse perché pensava che buttare la propria anima in pasto ai “giudicatori” professionisti che bazzicano sui social sarebbe stato peggio che presentarsi nudo sulle coste del Brasile.
In effetti credo che in pochi lo conoscessero prima della sua morte: non ha guadagnato né molta fama né molto denaro.
La passione e i nostri obiettivi
Spesso veniamo catalogati esclusivamente come padri, giornalisti, operai, brave persone, amanti di cani, come se davvero si potesse riassumere la vita intera di un uomo o di una donna con una semplice etichetta, una semplice frase.
Ma un uomo e una donna non saranno mai una semplice frase.
Io non sono né blogger né viaggiatore, di certo non prima che uomo dalle mille sfaccettature, e tu non sei né avvocatessa né moglie, quelle sono solo la tua professione e il tuo stato civile.
Un essere umano è una cosa molto grande, immensa; non è possibile appore un’etichetta e pensare di aver definito un’intera vita fatta di drammi, aspirazioni, gioie infinite e truci dolori.
Per definirmi, per definirti, non basterebbero quattro libri interi.
Chi lo sa, in fondo in fondo, chi era Aleksander Doba?
Chi può sapere quali fossero i suoi dubbi, i suoi sogni, le sue perplessità reali?
Peccato ricordarlo solo per le sue titaniche imprese, cioè solo per quella parte emersa dell’iceberg che poco ci dice rispetto alla totalità di un uomo. Aleksander Doba ha attraversato l’Oceano Atlantico in solitaria su un kajak.
Va bene. Ma perché l’ha fatto?
Qual era il motore, il carburante, che lo spingeva ai limiti del possibile?
Nessuno può dare una risposta di poche parole, nemmeno Aleksander Doba avrebbe potuto liquidare la sua intera esistenza con qualche lettera e qualche virgola.
Aleksander Doba non era solo un pazzo, non era solo un egocentrico, non era solo un eroe o un avventuriero.
Io vorrei prenderlo a modello di abnegazione, di forza di volontà, indipendentemente dagli obiettivi che ha raggiunto. Non mi interessa quello che ha fatto, quello che mi interessa è la passione che ha messo nel realizzare i propri obiettivi.
Ecco, se dovessi definire la vita di quest’uomo e se mi fosse data una sola parola, personalmente lo definirei “passionale”.
La vita ci parla in modi diversi, perché ognuno di noi ha strade e destini diversi: non tutti dobbiamo attraversare l’Atlantico a colpi di remi per sentirci vivi e soddisfatti.
Aleksander Doba viaggiava e, soprattutto, pagaiava come un vero pazzo, e se lui è riuscito a realizzare la propria vita, perché io e te non possiamo raggiungere i nostri obiettivi?
Aleksander Doba non era un genio, non aveva super poteri.
Di certo aveva una grande, smisurata, infinita passione per la vita, per quella sua vita così diversa dalle altre, come le vite di noi tutti, in fondo, sono diverse dalle altre.
Nessuno di noi ha bisogno di farsi cadere le unghie delle mani e dei piedi per raggiungere i propri obiettivi, le proprie sponde. Ma, proprio come Doba, ci siamo trovati a fronteggiare onde spaventose nella più totale solitudine, una solitudine nera come una notte in mezzo all’oceano.
Io sono quasi morto a causa della depressione, Aleksander Doba è quasi morto nel mare, e di certo anche tu ti sarai trovato quasi morto almeno una volta nella vita.
L’importante è continuare a pagaiare.
Pagaiando, prima o poi la costa arriva.
E se c’è bisogno di scottarci la pelle, allora scottiamocela, se dobbiamo spogliarci, allora togliamoci tutti i vestiti e urliamo di fronte alle asperità della vita, urliamo tutta la nostra rabbia e cerchiamo di dirigerla verso i nostri obiettivi.
La rabbia è energia, va solo canalizzata.
Lo scorso 22 febbraio, Aleksander Doba è salito sulla vetta del Kilimangiaro. Poi si è seduto sulla cima e, ne sono certo, si è addormentato soddisfatto.
La passione, ecco, secondo me, l’ingrediente segreto per fare della nostra vita, una grande vita.